La “Confraternita Misericordiosa dell’Accoglienza” fondata qualche anno fa, in Italia, da un uomo buono, giunto nella nostra penisola dall’Argentina, si propone di favorire e di incentivare l’ingresso in Italia, con la collaborazione attiva dei governi di sinistra, del maggior numero di stranieri possibile.
Ed è di nessuna importanza, secondo il santo fondatore, il fatto che quasi tutti gli accolti professino la religione musulmana.
Dopo avere escluso dalla sua azione il territorio del Vaticano, la Confraternita, in virtù della sua ragione sociale, cerca di espandersi in tutte le regioni italiane. Il suo esercito, non sempre sottomesso, e con qualche episodio di ribellione, è costituito da una gerarchia in cui militano vescovi, parroci ed anche semplici preti, non pochi dei quali in condizione di conflitto verso i loro fedeli.
L’onda dell’accoglienza è alimentata dal continuo flusso di nuovi immigrati ed è costretta ad espandersi e ad inquinare sempre nuovi centri abitati.
La città di Torino, già insidiata nelle sue periferie da realtà multietniche fuori controllo come l’ex MOI, i campi rom e l’ hub africano di Settimo, dovrebbe essere esente da ulteriori soprusi.
Invece nei giorni scorsi, proprio l’ex Moi è stato l’oggetto di una proposta avanzata dall’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia. Ossessionato dalla retorica dell’accoglienza, imposta dal Vaticano, il presule ha dichiarato la sua disponibilità ad ospitare, nelle centinaia di strutture religiose disseminate nella città, una parte degli occupanti del complesso ex MOI.
I quali non sono proprio tutti, come afferma anche un quotidiano torinese, degli stinchi di santo.
“Teneteli tranquilli,” afferma un “senza nome” originario del Camerun, rivolto a quei torinesi che sono stanchi di dover sopportare il disordine e l’illegalità delinquenziale ignorate per quieto vivere, prima da Chiamparino e poi anche da Fassino. “Teneteli tranquilli, perché la nostra pazienza prima o poi finirà. E allora andremo a prendere latte di benzina da lanciare contro le vetrine. Un morto nostro, un morto degli altri. Occhio per occhio…” E invoca Allah e parla del Bataclan, che è stata la vendetta degli esclusi…
Sarebbe bene che, prima di gettare, come Bergoglio sul mare, una corona di fiori sulla soglia del MOI, il vescovo di Torino riflettesse e chiarisse tutti i dettagli del suo piano di inclusione ed anche di sostituzione.
Le strutture di proprietà della chiesa sono presenti in tutti i quartieri ed in tutte le vie cittadine.
Sono molte centinaia solo quelle gestite dal Cottolengo e dalle altre opere pie.
Il Nosiglia non può pertanto agire come un qualsiasi prefetto di Alfano e disseminare gruppi di immigrati (dieci, venti o cinquanta persone) nelle vie e nei condomini della città, senza suscitare legittime proteste e ribellioni.
Anche i quartieri più ideologicamente vicini alla sinistra e più portati a condividerne i progetti di accoglienza, come quello della Crocetta, insorgerebbero inalberando l’insegna che recita “accoglienza sì, ma non nel mio giardino”.
Solo alcuni di loro potrebbero tollerare che i parchi e le isole ecologiche ed i più bei corsi della città venissero occupati di giorno e di notte da torme di giovani sfaccendati, provenienti dal continente africano e dal medio oriente.
La fascia collinare, ricca di ville disabitate, di istituti religiosi e di conventi di preti e suore abbandonati, potrebbe offrire qualche opportunità al buon arcivescovo. Ma è probabile che gli occupanti dell’ex MOI rifiutino tali alloggiamenti, isolati e lontani dalla vita pulsante della città.
Impensabile anche l’ulteriore inserimento di immigrati nel quartiere di San Salvario, già saturato da spacciatori di droga, che entrerebbero subito in conflitto con quelli provenienti dal MOI.
E’ doveroso ricordare anche che San Salvario è sede della Sinagoga e di altre importanti strutture ebraiche di culto e di assistenza, che non avrebbero vita facile qualora si decidesse di insediare nei loro dintorni comunità musulmane.
Sarebbe pura follia infine, immettere altri insediamenti, come quelli proposti da mons. Nosiglia, in periferie cittadine, che da anni sono abbandonate a sé stesse e devono sostenere sia l’assedio dei “nomadi” dei campi rom, che quello portato dai clandestini di etnia africana che dilagano senza sosta dai centri di accoglienza costruiti nei dintorni di Torino.
Prima di formulare ulteriori proposte di questo genere, sarebbe bene che mons. Nosiglia comunicasse ai torinesi quali obbiettivi intende raggiungere e quali vantaggi porterebbe alla città la disseminazione nel contesto abitativo di individui non identificabili, abituati a vivere di sotterfugi e di espedienti non sempre leciti.