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Racconto noir: " Il reduce del Vietnam "
Anche i medici posso compromettersi
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Il reduce del Vietnam

E' uno sporco lavoro quello dell' anatomo-patologo all'obitorio.

Sempre a tagliare cadaveri, a ricucirli, a fare diagnosi post mortem, con quell' acre odore di formalina che ormai gli aveva impregnato vestiti e camicie.
I parenti dei cadaveri poi, con quelle facce tristi che gli facevano tornare alla mente certi volti dei quadri della passione di Cristo, a vederli bianchi in volto nei momenti del riconoscimento della salma erano forse peggio dei cadaveri stessi.

David, che era un provetto chirurgo, era riuscito a laurearsi a pieni voti ad Harvard, considerata la migliore università degli Stati Uniti. Per gli strani ed imprevedibili tragitti della vita, che egli considerava il contrario della benevola “ serendipity”, aveva dovuto interrompere la carriera in ospedale per essere inviato come sottotenente medico nel Vietnam, la cui guerra in corso alla fine degli anni '60 stava mietendo molte vittime anche tra gli americani.

David non si risparmiava nel curare incessantemente i feriti sul campo di battaglia, ma si impegnava ancora di più ad effettuare le autopsie per coloro che erano deceduti in strane circostanze. In pratica, pur nella confusione generale e nella tensione di quei momenti, erano state constatate anche diverse morti sospette al di fuori del teatro di guerra. Qualcuno uccide anche al di fuori del campo di battaglia, così come capita spesso nella vita civile d' altronde. Così a David era stato anche affidato il compito di effettuare autopsie per stabilire le circostanze dei decessi anomali, in modo tale da potere risalire più prontamente ai colpevoli.

La stragrande maggioranza di mortalità collaterale al conflitto era dovuta alle armi da fuoco. Ciò perchè gli assassini cercavano di mascherare astutamente le circostanze del delitto, come se esso fosse stato provocato da una pallottola vagante. Un compito estremamente difficile il suo, poichè le armi le avevano tutti i soldati come dotazione standard, ed erano tutte uguali. Perciò l' identificazione dell' arma che aveva sparato era oltremodo difficile, e tutte avevano sparato, quindi non era possibile risalire con precisione all' arma ma solo scoprire come era avvenuta la morte. Con indagini antropometriche che David conosceva molto bene, almeno si poteva ricostruire la posizione relativa tra lo sparatore e il morto, conoscere la traiettoria della pallottola nel corpo e, in qualche sporadico caso, anche risalire all' altezza probabile dell' omicida, restringendo il ventaglio dei sospettati.

Al ritorno a casa dopo cinque anni di servizio in Vietnam, gli era stata riconosciuta un' abilità particolare nell' effettuare autopsie e gli era stato offerto subito un posto di lavoro vacante come anatomo-patologo presso il John F. Kennedy General Hospital di Boston, lavoro che accettò subito per via dell' altissimo stipendio riconosciuto per questa posizione, che molti si rifiutavano di ricoprire.

Il contraltare di questa sua decisione era che non aveva tante possibilità di fare carriera. A cosa poteva ambire, essere il capo dei medici dell' Istituto di medicina legale annesso all'obitorio, il capo di sé stesso visto che come medico c'era solo lui, sebbene con qualche infermiere, in quel reparto ?

La sua vita lavorativa era trascorsa prevalentemente sul campo di battaglia, dove il cuore si indurisce più che nella vita civile. Là in Vietnam le ferite di guerra consistevano spesso in orribili mutilazioni, e bisognava avere uno stomaco di ferro per non soccombere alla vista di tali gravi offese al corpo umano.

Diventò così, nel corso del tempo, sempre più cinico, quasi ad autoproteggere la propria salute, in modo da non diventare un alienato come ne aveva visti tanti che rientravano a casa per la sindrome dello stress postraumatico. " Medico pietoso fa la piaga cancrenosa", ripeteva spesso tra sé e sé. La condizione patologica detta dello" stress postraumatico " era stata meglio identificata e studiata proprio tra i reduci del Vietnam, molti dei quali dovevano essere ricoverati al loro rientro a casa, così numerosi che qualche produttore di Hollywood ebbe l' idea di farne un film.

David era diventato refrattario ad ogni pietà umana con il dai e dai del taglia oggi, taglia domani, rimuginando ogni giorno che anch' egli era stato  in pericolo costante nel teatro delle operazioni. Poteva dirsi così vittima dello stress postraumatico della guerra, tante ne aveva viste, e questo fatto gli provocò inevitabilmente un senso di astio verso l' intera società umana. Così non vedeva l' ora di prendersi una rivincita, quella sua personale intrisa di una morale malsana e vendicativa. Ebbe quindi l' idea di volgere a suo favore le cose, facendo sparire il general manager dell' ospedale, certo che qualcosa di positivo sarebbe successa anche per lui. David aveva anche rimosso dalla sua coscienza e dalla sua testa il giuramento di Ippocrate, che tutti i medici devono effettuare appena entrati in carriera.

Assoldò una vecchia conoscenza del periodo del Vietnam che, per quattro soldi, fece fuori Williams, il general manager.
Forte di molti anni di pratica medica ad altissimo livello, fu inserito nella lista dei candidati alla sua successione.
Che erano 4, compreso lui.
Adesso cominciava il bello.
Doveva eliminarne altri 3, per lui un giochetto da ragazzi.

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