Nelle sale cinematografiche fino a qualche giorno fa, Bridget Jones’s Baby di Sharon Maguire ha convinto i più e rispolverato drammi amorosi e pasticci della single imbranata creata più di vent’anni fa dalla scrittrice britannica Helen Fielding; si credeva che questo terzo capitolo cinematografico non avesse un corrispettivo letterario, ma ecco arrivare, insolitamente dopo il film, Bridget Jones’s Baby. I diari.
Bridget Jones nacque nei primi anni Novanta, quando la Fielding scriveva divertentissimi stralci di vita da single londinese in forma di diario sulle colonne dell’Independent, finché nel 1995 non riunì il tutto in un primo romanzo, Il diario di Bridget Jones. Tradotto in numerose lingue, il libro ebbe un grandissimo successo in tutto il mondo, guadagnandosi il rispetto e l’ammirazione di molti scrittori di livello come Salman Rushdie; viene considerato l’antesignano del genere chick lit (letteralmente: letteratura per pollastrelle), narrativa sentimentale dai tratti fortemente ironici destinata a un pubblico prettamente femminile. (Attenzione a non confonderla con gli Harmony di quarta categoria, poiché si tratta sì di letteratura rosa, ma scritta con una notevole dose di intelligenza, creatività e lungimiranza).
Seguito da Che pasticcio, Bridget Jones! nel 1999, entrambi i romanzi vennero portati sul grande schermo rispettivamente nel 2001 e nel 2004, con i volti di Renée Zellweger, Colin Firth e Hugh Grant, e i film doppiarono il trionfo dei libri. Il successo straordinario di quest’antieroina imbranata, goffa, in eterna lotta con la bilancia e alle prese con pasticci sentimentali e genitori imbarazzanti risiede proprio nel suo essere irrimediabilmente sbagliata, autodistruttiva ma per questo dorabile e vera; milioni di donne hanno visto qualcosa di sé nelle ossessioni, nelle paure e nelle dinamiche relazionali che, tutto sommato, potrebbe davvero essere prese da un diario di una single trentenne. Il tutto condito da un’ironia spietata, spesso dissacrante nel ritrarre l’upper-class britannica a cui Bridget assolutamente non appartiene, e citazioni frequenti dell’ispirazione per niente celata ai romanzi di Jane Austen.
Nel 2013 esce un terzo romanzo, Bridget Jones. Un amore di ragazzo, dove ritroviamo Bridget alla soglia della cinquantina, con due bambini ma tragicamente vedova dell’amato Mark Darcy, mentre riprende in mano la sua vita e si innamora di un ragazzo molto più giovane di lei. La scomparsa del principe azzurro in giacca e cravatta ha fatto infuriare non poche lettrici, ed è probabile che questo nuovo capitolo sia arrivato per consolarle e rimettere in gioco il buon Mark, andando a raccontare cosa succede tra il secondo romanzo, che si chiudeva con i due innamorati prossimi al matrimonio, e la situazione piuttosto sconcertante del terzo.
Bridget Jones’s Baby. I diari racconta del tentativo di spiegare al figlio Billy come e in quali circostanze venne dato alla luce, e si apre proprio con una lettera di Bridget dal tono materno e affettuoso, per poi continuare con il resoconto dei caotici mesi successivi al suo concepimento.
Non aspettiamoci però di ritrovare ciò che abbiamo visto nel film.
Bridget è arrivata intorno ai quaranta, si gode la sua nuova linea e un lavoro come produttrice televisiva che le dà molta soddisfazione, ed è nuovamente single. Lasciatasi con il fascinoso avvocato Mark cinque anni prima, la donna è circondata da amici che fanno un figlio dietro l’altro, mentre lei continua ad essere tormentata dalla madre che le ricorda incessantemente l’approssimarsi della menopausa. Ad uno dei tanti battesimi a cui presenzia come madrina rivede Mark, con il quale passa una notte di passione, per poi ritrovarsi, a pochi giorni di distanza, a letto con l’altro suo ex storico, il cialtrone Daniel Cleaver. Quando scopre di essere incinta la domanda sorge spontanea: chi è il padre?
Nel film il personaggio di Daniel è sostituito da un milionario americano interpretato da Patrick Dempsey, scelta dettata dal rifiuto di Hugh Grant di prendere parte al nuovo film; se nel film l’ex capo e fidanzato di Bridget si intravede in un brevissimo cameo, nel romanzo è invece protagonista quanto Mark. E i due uomini, il cui passato come compagni di università e poi eterni rivali in amore innesca una serie di dinamiche molto diverse e più complesse rispetto a quelle del film, ingaggeranno una feroce lotta per aggiudicarsi la paternità del bimbo in arrivo e, naturalmente, Bridget.
Scritto con l’abituale leggerezza, ironia brillante e “comicità geniale”, per citare le parole di Nick Hornby, Bridget Jones’s Baby. I diari è come un ritorno a casa per chi ha amato i personaggi dei primi romanzi, ed è confortante e divertente ritrovare i classici “momenti alla Bridget”, le solite ossessioni e le riflessioni sulla vita tra il serio e il faceto. Sicuramente farà ridere anche gli uomini che saranno tanto coraggiosi da leggere un libro “da donne”. Perdoniamo anche una certa ripetitività e il surrealismo di certe soluzioni, perché, come a una vecchia amica, si è affezionati anche quando sbaglia.
Chissà se verrà portato al cinema anche il terzo romanzo? Noi speriamo ardentemente di no…
Bridget Jones’s Baby. I diari di Helen Fielding – Rizzoli 237 p. € 18,00