Stando ai sondaggi, a decidere le sorti del referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre sarà l’ancora altissimo numero di indecisi, che rappresentano circa il 40% dell’elettorato che dichiara che si recherà alle urne. Gli stessi sondaggi, tuttavia, assegnano al momento un vantaggio di oltre 3 punti a favore del No, circostanza che rende necessario ad alti livelli iniziare fin da subito a pensare ad un piano b.
Se infatti da più direzioni si fa pressione sl premier Matteo Renzi perché non si dimetta anche in caso di sconfitta (e lo stesso presidente del Consiglio è tornato sui suoi passi dopo aver personalizzato il quesito mettendo sul piatto le proprie dimissioni), è evidente che una vittoria del No finirebbe comunque per indebolire pesantemente l’esecutivo.
Tanto che Bloomberg parla apertamente di un piano già varato al Quirinale in caso di sconfitta del governo il 4 dicembre, ossia un governo con Renzi pro-tempore per varare una riforma del sistema elettorale, mettendo fine all’Italicum dopo meno di un anno di vita. A quel punto si andrebbe al voto e le elezioni anticipate si terrebbero pertanto nel 2017.
Secondo i piani di Mattarella, a Renzi verrebbe chiesto di rimanere in carica per qualche mese, ma non potrebbe varare alcuna riforma innovativa per dare lo choc necessario, per esempio, a una ripresa fiacca e alle spese pubbliche troppo elevate.
Stando alle fonti interne al PD citate dall’agenzia di stampa americana, Renzi sarebbe disposto a dimettersi ma verrà convinto a restare da Mattarella e guidare un governo di larghe intese propedeutico alla revisione dell’Italicum e ad altre riforme istituzionali di base per il buon funzionamento del paese. Sempre che le pressioni politiche su un premier perdente al referendum non risultino fatali.
L’idea delle elezioni anticipate – che si terrebbero comunque nel 2017 – non piace molto ai mercati, sempre secondo Bloomberg. Ciò per via della contrarietà ideologica del Movimento 5 Stelle, a quel punto favorito per la vittoria soprattutto se venisse varata una legge elettorale a doppio turno, al progetto europeo e della moneta unica per come è stato concepito.
Se il gruppo politico fondato da Grillo e Casaleggio è infatti uscito dalla cerchia dei cosiddetti euroscettici, rimane comunque ‘eurocritico’.
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