In un Paese che dedica ampio risalto, in più edizioni delle principali testate televisive e molteplici pagine dei quotidiani alla morte di un giullare novantenne che per decenni ha sempre cinicamente sfruttato le divisioni etiche e politiche del Paese, giocando sugli istinti più meschini, tutto può accadere. Così una decisione già deliberata a luglio al vertice Nato di Varsavia è stata spudoratamente negata agli italiani, da un presidente del consiglio che solitamente dedica ore ed ore ad esternare.
Ma, a sua giustificazione emerge il disprezzo che nutre per il popolo bue che di solito s’infiamma per notizie futili e pettegolezzi di ogni risma, per cui risulta più saggio occultare notizie importanti per non diffondere informazioni che potrebbero inquietare, apparire indigeste o meglio indurre a riflettere.
Ma veniamo al fatto che venerdì scorso, in seguito alla notizia diffusa da un quotidiano, ha rapidamente conquistato web e redazioni.
Un contingente di 140 militari italiani verrà inviato al confine europeo con la Russia a partire dal 2018. A renderlo noto non è l’impegnatissima ministra Roberta Pinotti, né tantomeno il suo collega agli Esteri, l’ondivago Paolo Gentiloni, ma il segretario generale dell'Alleanza Atlantica Jens Stoltenberg: "Faranno parte di uno dei quattro battaglioni dell'Alleanza schierati nei Paesi baltici".
Il numero uno della Nato ha quindi aggiunto che quella italiana sarà una "presenza simbolica in una forza da 4mila unità. La missione ha la funzione di prevenire un eventuale conflitto". Non solo: “ nel 2018 proprio l'Italia sarà il paese guida nel Vjtf, la Task Force di azione superveloce in grado di predisporre un intervento armato in soli cinque giorni in caso di emergenza”.
Un'eventualità non remota secondo il leader della Nato visto che "Putin ha dimostrato la volontà di usare la forza militare contro i vicini”.
Per ben comprendere l’inizio delle fibrillazioni della Nato si deve partire da lontano, A seguito dell’invasione russa della Crimea e della guerra nel Donbass, i paesi baltici hanno cominciato a chiedere a gran voce maggiori garanzie da parte della NATO. La Romania, dal canto suo, ha invocato una presenza dell’Alleanza Atlantica nel Mar Nero, al fine di limitare le operazioni navali della flotta russa, ancorata a Sebastopoli.
Il lamento dei paesi orientali dell’Europa è stato infine ascoltato.
Durante il Summit di Varsavia dello scorso luglio, la NATO ha deciso di rafforzare la propria presenza militare nei paesi baltici e in Polonia, dislocando nei confini orientali del patto atlantico forze armate di diverse nazionalità.
In Lettonia saranno dislocate in maggioranza forze militari canadesi, italiane, portoghesi e polacche .
In Estonia il gruppo sarà guidato da militari britannici, in Lituania da forze armate tedesche. In Polonia la presenza militare Nato sarà in particolare formata da militari statunitensi.
Facciamo parte della Nato e dobbiamo condividere e seguire le decisioni che vengono stabilite. Cosa stride ed allarma in questa vicenda, oltre al meschino atteggiamento del Governo Italiano?
Si parla ormai, senza giri di parole di ritorno della “Guerra Fredda”, di sfida alla Russia e torna alla mente, almeno con la memoria l’accordo di Yalta, ove il 4 febbraio del 1945, Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Sovietica, si spartirono le zone di rispettiva influenza in Europa e sorse la cortina di ferro.
Prima ancora della discesa in campo dei militari, l’Europa, senza ascoltare e condividere la decisione di tutti i Governi, ha bloccato le esportazioni verso la Russia ed ha di conseguenza penalizzato le nostre aziende e la nostra già traballante economia.
In questi anni, la Russia, in uno scenario mediorientale esplosivo, favorita dall’assenza delle altre potenze, e dalla personalità di Putin ha esercitato, anche in solitudine un ruolo atto a divenire potenza egemone e ad isolare il terrorismo.
Le dimostrazioni di forza e le incomprensioni tra Stati Uniti e Russia seguono un loro filone, pur cinico e spregiudicato, anche legato alla competizione elettorale per la presidenza degli Stati Uniti, che si sta consumando con la spettacolarità di cui siamo tutti testimoni, con l’ingerenza di Putin nella diffusione di notizie riservate e partigiane, a danno di Hilary Clinton.
Sullo scenario mondiale, l’assenza di quest’Europa decadente che ha abbandonato gli ideali fondanti ed è tristemente infarcita di burocrati ottusi e di banchieri ingordi, appare in tutta la sua vistosa drammaticità.
Si spera ovviamente che la militarizzazione del confine orientale non diventi permanente, e che le relazioni con la Russia si ristabiliscano. Certo la “distensione” dovrà necessariamente passare dalla risoluzione della crisi ucraina, e non sarà un passaggio facile né indolore.
Nel frattempo, non si può giocare alla guerra, perché molti di noi ricordano ancora cos’era la guerra Fredda. Senza contare i rischi nucleari che sentiremo maggiormente incombenti.
Oggi purtroppo la pratica del dialogo, come presupposto delle relazioni tra i popoli e l’autorevolezza della diplomazia appaiono lontani ricordi.
Se negli anni sessanta del secolo scorso si è evitato, per un soffio il terzo conflitto mondiale, è perché nel Mondo esercitavano un ruolo egemone tre personaggi di caratura e di umanità: Papa Giovanni XXIII, John Kennedy e Nikita Kruscev che avevano vissuto la guerra sulla propria pelle ed erano ben consci della delicatezza e gravità che il senso di responsabilità connaturato al loro ruolo comportava.
Siamo sicuri, oggi che la gravità della situazione incalza, che il Mondo sia guidato da figure d’identico spessore, carisma e senso di responsabilità? Ne dubitiamo fortemente.
Francesco Rossa
Direttore Editoriale
Civico20News.it