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La strumentalizzazione del Referendum
E’ stata finalmente fissata la data per il referendum: sarà il 4 di dicembre
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Dopo tanto discutere, non ultima l’uscita del testo che comparirà sulle schede presentato prima di aver fissato la data, ecco che a inizio dicembre andremo a votare per un referendum molto particolare.

Gli Italiani, da sempre, sono abituati a esprimersi su questioni diremmo di vita reale, quali aborto, divorzio, caccia, acqua, nucleare, …

Ciò nonostante, negli ultimi anni l’affluenza alle urne si è fatta sempre più bassa, anche perché chi era per il no poteva anche “permettersi” di non andare a votare facendo venire meno il quorum del 50% più uno.

Questa volta, le differenze rispetto ai precedenti referendum sono sostanzialmente due ed è per questo che la partita che si sta per giocare sul piano politico potrebbe farsi piuttosto interessante.

Innanzi tutto, l’argomento non riguarda uno specifico problema legato al vivere quotidiano, come i casi di cui sopra, ma fa riferimento ad alcuni cambiamenti legati all’ordinamento dell’iter legislativo, del Parlamento, della Costituzione.

L’altra differenza è che si tratta di un referendum non abrogativo, come siamo abituati a vederci proporre, ma propositivo e pertanto non vi è quorum, il che sposta di molto le tattiche soprattutto di chi è per il no.

Il tema principale trattato da questa votazione referendaria riguarda quello che potremmo definire un “alleggerimento” del Parlamento e conseguentemente dell’iter legislativo, dal momento che il Senato potrebbe virtualmente scomparire, dal momento che continuerebbe a esistere, ma, a parte casi molto particolari, non sarebbe più determinante nella votazione o nella bocciatura delle leggi ordinarie dello Stato.

Il tema, dunque, è molto importante, poiché, a differenza dei temi solitamente proposti nei referendum, questa volta si tratta di un argomento “trasversale”, ossia che non riguarda il gioco ma le regole del gioco (democratico).

Al di là di come il Governo abbia portato avanti le modifiche costituzionali e quindi di come il nuovo Parlamento potrebbe cambiare se dovessero vincere i sì, resta dunque un tema profondamente importante per il futuro dell’Italia, un paese, come sappiamo, di profonda instabilità governativa derivante da troppi parlamentari, due Camere del Parlamento, eccessivo numero di partiti, … il tutto frutto del controbilanciamento nato in un Paese in cui comandava uno solo e in cui si è, giustamente, voluto creare un sistema di (eccessivi?) pesi e contrappesi.

Oggi, come in altri Paesi del mondo Occidentale, l’idea è quella di ammodernare e rendere più fluido il sistema parlamentare, pur con tutti i dubbi su come lo si vorrebbe fare, e su questo ognuno potrà esprimersi come meglio crede.

La partita politica sul voto è dunque ufficialmente aperta, dal momento che è stata fissata la data per recarsi alle urne.
Prima dell’estate, il Premier Renzi pareva piuttosto sicuro del sì, tanto da annunciare che qualora avesse vinto il no, avrebbe dato le dimissioni, affermazione non più valida oggi quando i giochi paiono certamente più aperti.

D’altra parte, è anche vero che, sebbene il referendum non sia sull’operato del Presidente del Consiglio ma, appunto, sulle nuove regole parlamentari, i partiti politici stanno facendo di queste votazioni uno strumento pro o contro Renzi, atteggiamento a mio avviso sbagliatissimo, visto che, nel bene o nel male, si tratta di spiegare agli Italiani come potrebbe cambiare l’assetto istituzionale che da decenni da più parti viene considerato troppo costoso e farraginoso nel legiferare.
Portando, allora, sul piano politico il senso di questo referendum, certamente il momento che stiamo vivendo rende difficile delle vere alternative a questo Governo.

Il centrodestra appare da diverso tempo piuttosto spezzettato (Forza Italia, La Destra, Fratelli d’Italia, Forza Nuova, Ncd, Lega Nord, Riformisti Conservatori) e soprattutto ancora incapace di mostrare chi possa essere il nuovo leader (Berlusconi ormai in là negli anni? Oppure Salvini che dà del traditore a un Presidente Emerito come Ciampi? O Alfano il cui partito è ai minimi storici?).

Il Movimento 5 Stelle, che era partito come anti sistema, alla prova dei fatti (alla guida di una città come Roma) sembra tentennare, tra assessori che si dimettono e il no alle Olimpiadi (così come i no dell’Appendino: no al ponte di Corso Grosseto, no alla TAV, no alla Fondazione per la Cultura).

Il Movimento 5 Stelle, invece che dimostrare che si possono realizzare grandi opere o grandi eventi con un approccio diverso, ha fatto che non fare nulla dando il no alle Olimpiadi romane, con il risultato di apparire incapace di prendersi la responsabilità di fare le cose in maniera differente, piuttosto che non farle proprio.

Per quanto riguarda il terzo contendente, il Partito Democratico, molte sono state le diaspore (come quella di Fassina con Sinistra Italiana) e le correnti interne (vedi Bersani e Cuperlo), con il risultato che quello che doveva essere un partito moderno, progressista e, appunto democratico al suo interno, appare in grosse difficoltà e soprattutto con l’uomo forte al comando, quale appare essere Matteo Renzi, rottamatore purtroppo talvolta propenso all’autocompiacimento.

Sul problema dei partiti ad personam con l’uomo forte al comando (Renzi, Salvini, Grillo) dobbiamo ormai farcene una ragione dopo il berlusconismo della Seconda Repubblica.

Ecco quindi che se proprio si vuole fare di questo referendum una piattaforma per dire cosa di buono o no abbia fatto questo Governo e tenere o mandare a casa l’attuale Premier, si fa fatica a intravedere una possibile alternativa a breve termine.
Con i sondaggi attuali e l’attuale Italicum revisionato,  al ballottaggio dovrebbero andare il M5S e il PD, ma la partita referendaria (purtroppo strumentalizzata) è tutta aperta.



Marco Pinzuti


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