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Europa: si concede l’asilo politico ai gay, per poi negarlo ai Cristiani
Un andazzo sconcertante su cui merita riflettere
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Il 17 agosto un cittadino del Camerun, Africa occidentale, ha ottenuto asilo in Spagna perché gay. La commissione che esamina le richieste glielo aveva negato in un primo tempo giudicando inverosimile il suo racconto di violenze subite in patria, culminate, a suo dire, con la morte del fidanzato, picchiato a morte. Tuttavia la Corte suprema ha annullato la decisione della commissione e ha ordinato al governo spagnolo di accoglierne la richiesta, come già quella di altri omosessuali in Spagna e nel resto d’Europa, anche in seguito all’intervento dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati che ha presentato un rapporto in suo favore. 

In Camerun una legge vieta i rapporti tra persone dello stesso sesso e punisce i trasgressori con multe e pene detentive fino a cinque anni. Tuttavia, per effetto di pressioni internazionali e dell’azione di organizzazioni pro Lgbt locali, negli ultimi anni il numero delle azioni penali e delle condanne è diminuito sensibilmente. Dal 2012 al 2014 sono scesi del 58% (da 24 a 10) i casi esaminati e del 75% le condanne (da 16 a quattro).

Un cambiamento evidente si riscontra anche nelle forze di sicurezza che ormai evitano per lo più di indagare su casi di omosessualità. Nelle carceri della capitale Yaoundé è rimasto soltanto un detenuto omosessuale, una donna, che però sconta una condanna per violenze sessuali su minore. 

L’omosessualità è illegale in altri 37 stati africani e alcuni la sanzionano con pene ben più dure. In Mauritania, ad esempio, è prevista la condanna a morte benché finora non sia mai stata inflitta. Si sa invece di sentenze capitali eseguite in stati della Nigeria in cui è stata adottata la legge coranica e nei territori della Somalia sotto il controllo dei jihadisti al Shabaab. Tra gli stati che prevedono punizioni molto severe figurano la Nigeria e l’Uganda che nel 2014 hanno inasprito le leggi sull’omosessualità ignorando proteste e minacce di ritorsioni internazionali.

La loro applicazione in realtà non deve essere così rigorosa neanche in quei paesi se ad esempio l’Uganda ha permesso per cinque anni lo svolgimento di un Gay pride lungo una settimana che solo quest’anno le autorità hanno interrotto dopo alcuni giorni, proibendo la prevista parata finale nelle strade della capitale Kampala. È ugandese inoltre il primo mensile gay dell’Africa orientale, Bombastic, nato nel dicembre del 2014, mentre la prima emittente radiofonica gay africana, GaySA, creata “per dare voce e più visibilità agli Lgbt del continente”, trasmette dal Sudafrica, l’unico stato africano che ammette i matrimoni tra persone dello stesso sesso.

Tuttavia diventa sempre più facile per gli omosessuali ottenere asilo in Europa in quanto perseguitati. Forse lo è persino più di quanto non lo sia per i convertiti al cristianesimo, fuggiti da stati islamici in cui l’apostasia è punita con la morte.

Un iraniano, Mohammed, convertito dall’islam al cristianesimo, sta lottando in queste settimane per non essere espulso dalla Gran Bretagna: il colloquio con la commissione esaminatrice è andato male, non ha saputo elencare correttamente i Dieci comandamenti né rispondere ad altre domande tra cui una, peraltro strana, sul colore della copertina della Bibbia. Il Reverendo Mark Miller, che segue molti iraniani convertiti, a ragione osserva che se una persona si è accostata al cristianesimo di nascosto, in terre ostili, non è detto che sappia quando, ad esempio, cade la Pentecoste.

D’altra parte il Reverendo Miller ritiene raro che qualcuno finga di essersi convertito al fine di ricevere asilo per persecuzione religiosa perché gli apostati rischiano terribili reazioni da parte delle comunità di cui fanno parte. 

Neanche gli omosessuali rifugiati e richiedenti asilo in Europa, però, sono del tutto al sicuro. Nei centri di accoglienza subiscono molestie e abusi verbali, fisici e sessuali non appena si scoprono le loro tendenze sessuali. Per questo avrebbero bisogno di centri riservati e di particolare protezione, proprio come le donne e le bambine non accompagnate da maschi adulti che sono minacciate dagli altri ospiti dei centri, specialmente se si tratta di grandi ambienti dove alloggiano a stretto contatto centinaia di persone.

Né gli omosessuali possono contare sulla solidarietà dei connazionali. Benché le leggi sull’omosessualità in alcuni paesi di origine vengano fatte rispettare con meno impegno, i loro abitanti restano infatti ostili. “La linea di demarcazione mondiale sull’omosessualità”, un’indagine svolta dal Pew Research Centre nel 2013, ha rivelato che contro l’omosessualità e il suo riconoscimento sociale è il 98% della popolazione in Nigeria, il 96%  in Uganda, Ghana e Senegal, il 95% in Egitto, il 94% in Tunisia, l’87% in Pakistan. 

Se pure tra le persone che raggiungono l’Europa c’è chi disapprova l’atteggiamento dei connazionali nei confronti di omosessuali o apostati, si dovrà prima o poi affrontare l’increscioso fatto che immigrati e profughi approdano in Europa quasi o del tutto privi di beni materiali, ma con un bagaglio enorme di tradizioni, credenze, principi e istituzioni che include intolleranza, discriminazioni, razzismo, rifiuto di dialogare e convivere con estranei, negazione delle libertà personali, incapacità di accettare il valore supremo di ogni persona umana e di riconoscerne i diritti fondamentali. 

Ma i nostri governanti volano alto. Nel recente vertice di Ventotene si è parlato dell’immigrazione, ma per gli spetti operativi, si demanda la scelta ed i criteri ai burocrati già indottrinati al verbo pro LGBT.

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