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Certificare un dato certo in un Paese dove nemmeno il numero dei morti e’ attendibile
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Il terremoto nel Reatino del 24 agosto 2016 ci ricorda che in questo secolo attendiamo il Big One.
La linea del fuoco italiana dal Vesuvio all’Etna. Ci chiediamo una cosa sola: chi ha permesso l’insediamento di oltre 1 milione di persone alle falde di questa bomba a orologeria?
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Alle 3,36 del 24 agosto un terremoto di magnitudo 6.0 si è scatenato nel Reatino con epicentro tra Accumuli e Amatrice. Gravissimi i danni, mentre si spera che le vittime non siano numerose grazie all’area montuosa interessata scarsamente abitata. La scossa, seguita da diverse altre di assestamento è stata rilevata sino a Bologna, a Roma e Napoli.

Questo evento riporta all’attenzione un dato che i sismologi giudicano altamente probabile: l’arrivo del Big One, il terremoto devastante  che colpirà l nostro Paese in questo secolo, un territorio che ha la sua linea del fuoco dal Vesuvio all’Etna e che da millenni subisce questo tipo di catastrofi.

A Catania, l' ultima volta che la terra si mise a tremare davvero, arrivò il conte di Camastra. L' inviato speciale dei Borboni, dotato di pieni poteri, fece fucilare gli sciacalli, sgomberare le macerie e avviò immediatamente la ricostruzione. Era il 1693; dei18 mila abitanti ne erano sopravvissuti 2 mila e della vecchia città non restava praticamente nulla.

Oggi sono cambiati i numeri ma lo scenario è quasi immutato.

L' area urbana di Catania conta 400 mila abitanti, mentre Le case ristrutturate per resistere a uno scossone serio sono il 5 per cento. In caso di terremoto catastrofico si ipotizzano 50 mila morti. Come bilancio di 300 anni di prevenzione c' è poco da entusiasmarsi, specie considerando il fatto che Catania non è una città qualsiasi, perché si trova al centro dell' asse della Sicilia orientale che - assieme alla Calabria, all' Irpinia e all' Abruzzo - costituisce la fascia rossa in cui si aspetta l' arrivo del Big One, il terremoto di massima potenza. Un cataclisma che i bookmaker devono dare ben piazzato visto che nel corso di questo secolo non era mai stato lasciato un intervallo così lungo (dall' Irpinia sono passati 17 anni) tra un evento e l' altro.

Ma noi italiani abbiamo anche due grandi vulcani, il Vesuvio e l’Etna che, seppur differenti come tipologia di eruzione sono in grado di seminare morte e distruzione in un area vastissima.

ll Vesuvio, infatti, non uccide con la lava, ma è un vulcano grigio, a rischio d'esplosione, un enorme serbatoio di magma ostruito da un tappo di roccia. Dall'ultima eruzione del 1944 il magma si è addensato: tanto più lungo sarà il periodo di riposo, tanto più violenta l'esplosione. I due Big Ones del Vesuvio risalgono al 79 d.C., quando il vulcano distrusse Ercolano e Pompei e, dopo una calma di cinquecento anni, al 1631.

L’area costiera ai piedi del vulcano presenta la maggior densità abitativa a livello europeo e un abusivismo edilizio diffuso. Questa è la vera emergenza.

Il Vesuvio oggi è come era 50 anni fa, dopo l'eruzione del 1944, quando si spense il folcloristico pennacchio. In geologia 50 anni sono un amen, quindi non siamo in emergenza immediata. È invece grave quello che è successo in questi anni: la fascia costiera è cresciuta a 700mila abitanti. Sono persone che vivono addossate, tra la montagna e il mare. È un rischio quotidiano. L'ipotesi coraggiosa che bisognerebbe quindi fare è limitare drasticamente la popolazione agli addetti ai servizi dei musei, degli alberghi, degli stabilimenti balneari e nel solo orario di lavoro. Verrà l'eruzione? Perderemo strutture e vestigia del passato. Sarà grave, ma non avremo morti.

Gli Stati Uniti, che sono in attesa anche loro di un Big One nella zona di Los Angeles, approfondiscono da tempo gli studi sul nostro vulcano: questi confermerebbero che l’eventuale esplosione, in quindici minuti, porterebbe alla devastazione dell’intero golfo di Napoli.  

Il Vesuvio che “dorme” dal 1944 esploderà con una potenza mai vista ed in appena quattro minuti inghiottirà già 5 o 6 Comuni della zona rossa; Una colonna di gas, cenere e lapilli si innalzerà per duemila metri sopra il cratere,  valanghe di fuoco rotoleranno sui fianchi del vulcano alla velocità di 100 metri al secondo con una temperatura di 1.000 gradi centigradi, distruggendo l’intero paesaggio in un raggio di sette chilometri, spazzando via strade e case, bruciando alberi, asfissiando animali, uccidendo forse un milione di esseri umani in appena 15 minuti.

Si tratta di un’ipotesi documentata, frutto di studi approfonditi con la sola incognita della data in cui tutto ciò avverrà. 

Ci chiediamo una cosa sola: chi ha permesso l’insediamento di oltre 1 milione di persone alle falde di questa bomba a orologeria?

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