Verso la fine del 2015, in Cina abbiamo assistito ad una rivoluzione tanto pacifica quanto epocale. Sono in pochi ad aver sentito parlare di Shenzhen Everwin Precision Technology, ma questa società sta facendo la storia. A inizio dello scorso anno, questo produttore di componenti elettronici ha annunciato di avere in programma la creazione del primo stabilimento interamente automatizzato del paese.
Circa 1.000 robot industriali sostituiranno gli esseri umani sulle line di produzione mentre la società cerca di aumentare la produttività e trovare soluzioni durature alla contrazione del bacino di manodopera e all’aumento degli stipendi.
L’offerta di manodopera a basso costo che ha consentito alla Cina di diventare l’officina del mondo si sta esaurendo. La controversa politica del “figlio unico” potrebbe aver avuto successo nel tamponare la crescita fuori controllo della popolazione, ma la forza lavoro, ossia le persone di età compresa tra 16 e 59 anni, sta registrando un calo. Nelle regioni industriali cinesi, come la provincia sud orientale di Guangdong, si è pertanto intensificata la concorrenza per l’assunzione dei lavoratori. Al contempo, una giovane generazione di lavoratori sta voltando le spalle al lavoro in fabbrica preferendo lavori meno pesanti altrove.
Poiché la Cina è un Paese ove tutto viene pianificato, la risposta è stata la massiccia promozione dell’automazione industriale. Lo scorso anno la Cina era il principale mercato unico per la vendita di robot industriali, secondo l’International Federation of Robotics (IFR), ed entro due anni, ci saranno più robot industriali negli stabilimenti cinesi che nell’Unione Europea o negli Stati Uniti. Ma siamo solo all’inizio. Si contano soltanto 30 robot ogni 10.000 lavoratori dell’industria manifatturiera in Cina, rispetto ai 323 ogni 10.000 lavoratori in Giappone e ai 437 ogni 10.000 lavoratori in Corea del Sud, come indicano i dati dell’IFR.
L’automazione industriale è un tema ricorrente nei fondi azionari giapponesi, in quanto sono numerose le società di buona qualità che sono in grado di sfruttare tale crescita prevista della domanda cinese di automazione avanzata. Le società giapponesi rappresentano la metà delle aziende estere che producono circa 6 dei 10 robot industriali venduti in Cina, secondo la società di ricerca di mercato MIR Industry.
Il Giappone è diventato così il principale fornitore di robot industriali del mondo, secondo i dati raccolti dal Ministero dell’economia, del commercio e dell’industria del paese. Il Primo Ministro Shinzo Abe ha auspicato la “rivoluzione dei robot”, in quanto il paese deve far fronte ai propri problemi demografici con il basso tasso di natalità e il rapido invecchiamento della popolazione esattamente come l’Italia.
Sono molte le aziende che interessano i mercati finanziari per le loro potenzialità: tra le principali Fanuc, il principale produttore di robot del mondo che sta dimostrando cosa è in grado di ottenere questa tecnologia facendo funzionare linee di produzione per settimane senza alcuna supervisione. La società, che produce robot per Apple, Samsung e Tesla, è molto redditizia e dotata di ingente liquidità. Gode di una posizione di leader di mercato, della superiorità manifatturiera rispetto ai concorrenti e di servizi di assistenza post vendita difficili da eguagliare.
Un’altra società da seguire è Keyence, un produttore, con sede a Osaka, di apparecchiature di rilevazione e di misurazione per il settore dell’automazione industriale che ha fatto osservare una rapida crescita all’estero. Circa la metà delle vendite è generata fuori dal Giappone e la società ha riscosso particolare successo negli Stati Uniti
Nabtesco produce i cosiddetti riduttori di precisione utilizzati nei giunti dei robot industriali, in particolare nel settore automobilistico. La società vanta una quota del 60% del mercato globale di questo componente e tra i suoi clienti figurano i quattro principali produttori di robot industriali in Cina (tra cui Fanuc).
Possiamo quindi affermare che le esigenze cinesi hanno dato una forte spinta al programma industriale giapponese di stimolo economico varato dal ministro Abe per risollevare il Paese dalla grave e perdurante crisi economica.
Per i riflessi sui mercati finanziari, ricordiamo che investire in Giappone significa investire soltanto in parte in quel Paese: i principali mercati esteri del Giappone sono attualmente Stati Uniti e Cina e le loro sorti, nonostante gli occasionali segnali di tensione, si sono ulteriormente intrecciate. Molte delle società migliori hanno spostato il proprio centro di gravità dal Giappone ricollocando le proprie attività manifatturiere in paesi a basso costo. Altre generano la maggior parte dei propri ricavi sui mercati esteri.
Inoltre, come mostra il settore dell’automazione industriale, le società migliori sono leader di settore che hanno sviluppato tecnologie e processi produttivi di rilevanza mondiale, dispongono di ingente liquidità, sono prive di debiti, vengono gestite all’insegna della prudenza e sono in grado di valorizzare le relazioni con gli azionisti di minoranza: tutti parametri particolarmente attrattivi per gli investitori privati e istituzionali.