Da un paio di settimane ormai, la prima grossa grana che si trova ad affrontare la nuova giunta comunale guidata da Chiara Appendino riguarda il futuro del Salone del Libro che, pur essendo presente da trent’anni nel capoluogo piemontese, rischia di essere “clonato” da Milano.
Da diversi anni, Torino ha cambiato pelle e in questo si è resa più indipendente dai suoi trascorsi di città industriale, portando l’attenzione su di sé in termini di turisti, manifestazioni culturali, restyling urbano e realizzazione della prima rete di metropolitana.
Tuttavia, è sotto gli occhi di tutti, anche se da tempo la cosa non viene apertamente detta ma lo si vede nei fatti, che il capoluogo sabaudo si muova secondo le logiche del Granducato di Milano, con il rischio di diventare sempre più un suo sobborgo.
Sono ormai alcuni anni che la decennale manifestazione di musica classica Settembre Musica è diventata Mi-To, laddove ora i vari concerti si tengono sia a Torino sia nella nuova sede di Milano.
Anche l’abbonamento Musei prevede la possibilità di convenzioni con la stessa tessera per Milano e poter accedere ai suoi musei e alle sue manifestazioni culturali scontate.
Lo stesso treno ad alta velocità Freccia Rossa consente ormai da alcuni anni a più di un migliaio di pendolari di riversarsi giornalmente nel capoluogo lombardo per poter lavorare (perché Torino si sarà anche riempita di turisti ma per il resto non sembra in grado di offrire lavoro a tutti i torinesi).
L’ultima frontiera della “milanesizzazione” di Torino è la possibilità che il nuovo sindaco di Milano voglia varare nella prossima primavera un nuovo appuntamento culturale legato al mondo dell’editoria, laddove da sempre in Italia il capoluogo piemontese è stato in prima fila per il suo Salone Internazionale del Libro.
Quello che si sta vivendo in questi giorni è un vero e proprio braccio di ferro tra le due nuove giunte, e guarda caso quella di Milano in mano al PD potrebbe trovarsi per la prima volta a fare lo sgambetto a quella di Torino che dopo più di vent’anni ha passato la mano.
Volendo escludere dietrologie e battaglie politiche, anche dal momento che lo stesso Ministro della Cultura Franceschini, del PD, si è detto favorevole affinché il Salone del Libro rimanga a Torino senza duplicati, è evidente come Milano resti in pole position per l’Aie, l’associazione italiana per l’editoria.
Al riguardo di ciò che si sta da anni verificando tra Torino e Milano così come scritto sopra, appare evidente come la globalizzazione abbia effetti nefasti anche sulle città, oltre che sulle piccole e medie imprese.
Una delle conseguenze della globalizzazione è proprio quella di guardare il mondo da un satellite: chi è piccolo conta sempre meno, e, sul piano internazionale, che si tratti di un aeroporto per voli low cost (a Torino quasi inesistenti) o di manifestazioni culturali o di opportunità di lavoro o di grandi eventi come l’Expo, è chiaro che Milano rappresenta quella megalopoli che come un buco nero ingloba tutto ciò che la circonda e che, rispetto alle grandi metropoli del mondo, soprattutto americane, può permettersi di avere città come Torino così “poco distanti” come suoi sobborghi dai quali si può arrivare in treno in meno di un’ora.
Per molte delle cose per le quali Milano ha cercato e in buona parte è riuscita a “depauperare” Torino, non si fa che vederle sotto la lente della collaborazione, della sinergia, termini che rischiano di nascondere in realtà uno svendersi da parte di Torino ai vicini lombardi, ma, un po’ per la paura di allarmare i Torinesi (come se non lo avessero capito da tempo) e un po’ perché impotenti di fronte alla globalizzazione, non si ha il coraggio e la lungimiranza di dire apertamente dove si sta andando.
Se c’è una cosa, però, sulla quale l’Italia dovrebbe battersi, per motivi storici, è proprio la difesa dei localismi.
Molti Paesi del mondo hanno tutta la loro potenza culturale, artistica, occupazionale concentrata nella capitale, arrivando ad avere città di diversi milioni di abitanti, quando da noi Milano e Roma non si avvicinano neanche ai cinque milioni di individui.
Il Belpaese, invece, ha sempre avuto la sua forza nelle Regioni, nei piccoli borghi, e più in generale nella piccola media impresa (se non ricordo male circa il 90% delle imprese italiane ha meno di dieci dipendenti!), ed è per questo che sarebbe importante che ogni città continuasse a mantenere il proprio evento culturale (il salone del libro a Torino, il festival del cinema a Venezia, quello della mente a Sarzana, del cinema muto a Trieste, dell’economia a Trento, di filosofia a Modena, …) senza che altre città come Milano e Roma, per altro già autosufficienti a livello di visibilità, duplichino ciò che da anni appartiene a centri più piccoli, riscontrando, purtroppo, che per la globalizzazione piccolo è solo sinonimo di minore, con le conseguenze che sono sotto i nostri occhi.
Marco Pinzuti