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Reg. Stampa num.22 del Tribunale Ordinario di Torino - 11 Marzo 2011
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La ‘Ndrangheta … la peste incurabile
Un’ associazione criminale che esercita un richiamo ancestrale di potere e di violenza
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Nel campo medico l’ oncologia combatte da sempre il cancro, il male per antonomasia del secolo, con risultati di successo sempre più incoraggianti.

Tuttavia l’ epica battaglia medico-terapeutica non è ancora vinta e nessuno considera la sconfitta definitiva di questo male, assurto a simbolo di una sfida epocale.

La stessa situazione è da riportare nel campo della patologia sociale, dove la lotta contro la criminalità mafiosa (in modo particolare si intenda la ‘Ndrangheta, senza sottovalutare la pericolosità della Camorra e della Mafia) si esaurisce purtroppo in un contrasto che ha effetti modesti e superficiali, senza ancora trovare uno strumento per la definitiva eradicazione di questo fenomeno criminale.

Davanti a questa realtà sanguinaria, primitiva e in continua evoluzione, emerge una contraddizione evidente: a fronte di un impegno notevole delle Forze dell’ Ordine, di costi economici e umani rilevanti, i risultati ottenuti restano purtroppo insufficienti.

Il “male assoluto”, cioè questa criminalità organizzata, sembra configurarsi come una metastasi proliferante, sempre aggiornata sulle novità più raffinate di mimetizzazione e sfuggente all’ azione di contrasto delle istituzioni repressive dello Stato, preposte a questa finalità.


L’ ultimo clamoroso esempio (che purtroppo presto sarà superato e dimenticato) è quello documentato dai 42  arresti tra Reggio Calabria e Genova per il coinvolgimento delle cosche mafioso- ‘ndranghetiste della Piana di Gioia Tauro  sui lavori per il cosiddetto “Terzo Valico dei Giovi”, la linea ferroviaria che dovrebbe collegare Milano a Genova.


Lungo l’elenco dei politici, parlamentari, funzionari pubblici (Agenzia delle Entrate, Commissione Tributaria, affiliati alla Massoneria deviata, ecc.) coinvolti in questa inchiesta (è indagato anche il vice presidente del Consiglio regionale della Calabria Francesco D’ Agostino), tra cui fa clamore la nuova richiesta d’ arresto per il senatore Antonio Caridi di Gal e di Giuseppe Galati di Alleanza Liberalpopolare-Autonomie.

A completare questo suggestivo quadretto non si devono dimenticare i macigni che ancora pendono sulla quotidianità della società civile per le pericolose ricadute non ancora bonificate: il processo Minotauro, l’operazione Mammasantissima, l’assassinio del giudice Caccia … e lo scioglimento della giunta del Comune di Brescello (RE).

Una valanga di schifezza ripugnante che continua a riproporsi e che offre uno spaccato della tristissima condizione sociale, di illegalità radicata, del degrado etico-morale-istituzionale della attuale “Italietta”, carrozzone traballante di enormi contraddizioni e mali incurabili.

Come spiegare questo ennesimo episodio di commistione criminale-politico-istituzionale-burocratica che  chiama in causa anche forme di associazionismo  esoterico-filantropico deviato?

E’ difficile tentare una spiegazione esaustiva e convincente, ma almeno si può tentare di far emergere particolari aspetti che potrebbero essere, in questa analisi, condivisi.

1)- Occorre prendere in considerazione  l’ aspetto antropologico del potere (politico, economico, istituzionale, ideologico, burocratico, ecc.) che non ha mai rifiutato (e che continua) in modo categorico e coerente una serie di tentazioni potenzialmente collusive che gli siano, in certe circostanze particolari, allettanti e convenienti.

Gli esempi aberranti nel mondo cosiddetto “economico-legale”  non mancano: se le Multinazionali usano l’ arroganza (o la violenza) economico-tecnologico-monopolistica sui Governi, che di fatto subiscono i diktat in quanto impossibilitati a reagire, la Finanza Internazionale con il suo strapotere ha già dato prova di sé con l’invenzione patologica dei “derivati” (e similari) e con i 406 fallimenti clamorosi e devastanti delle Banche americane, con il caso eclatante della Lehman Brothers (la Goldman Sachs è stata multata nel 2012 per 22 milioni di dollari e nel 2015 per 140 milioni di dollari).

Pertanto come contraltare speculare a questa realtà che fino ad ora è stata accettata come ineluttabile e senza alternative, trova spazio la criminalità organizzata, che si inserisce in un varco favorevole e quasi fisiologico, in quanto gli “affari economici”  possono moltiplicarsi con l’inventiva e la brutale forza di penetrazione illegale di questa organizzazione.

Si potrebbe affermare che, senza regole scritte, si forma un’alleanza operativa complementare elastica, un’ area grigia impenetrabile, pronta a cogliere ogni possibile opportunità speculativa illegale, che fa comodo a un sistema immutabile, ma ipocritamente ignorata o addirittura pervicacemente negata.  

In fondo anche la criminalità organizzata riscuote un fascino oscuro e attrattivo nell’ immaginario collettivo di certi strati sociali, caratterizzati da incultura, assenza di coscienza civile e vocazione ad accettare di buon grado il sopruso come un potere istituzionale negativo, che fa riferimento e che si inserisce nell’ ineluttabile ed eterno dualismo, in una lotta senza vincitori, tra il Bene e il Male.

2)- La connivenza purtroppo inevitabile con la “Casta Politicante”, sempre più ignobile e spudorata, ma passaggio obbligatorio e trampolino di lancio per il riciclaggio di denaro sporco attraverso le istituzioni economico-finanziarie-industriali controllate dalla politica stessa.

3)- Con questo “ciclo” perverso, ma ampiamente collaudato nei clamorosi fatti di cronaca, si può dire, senza troppi azzardi, che la “criminalità organizzata” è diventata parte integrante dell’ economia, della finanza, dell’industria, dei servizi e che si trova anche ben rappresentata nella società civile, pericolosamente attiva e ben mimetizzata in questo ruolo corrosivo e velenoso.

Dipanare questo intricato groviglio (un vero nodo gordiano) e bonificare l’ ambiente in cui si è profondamente radicato, diventa una scommessa sempre più difficile e improbabile.

Pertanto, per venire al dunque del ragionamento, occorre trarre una conclusione che riguarda la parte sana della società civile a cui si deve porre una domanda cruciale: continuare a subire e arrendersi a questa immonda realtà, diventando forzosamente conniventi, oppure dissociarsi in ogni caso con la costante e fattiva denuncia?

Sottolineo l’aggettivo fattivo, in quanto senza questa precisazione il tutto si trasforma in un belato inutile, un’ autogiustificazione insostenibile e vigliacca.

Tuttavia, osservando complessivamente le reazioni dell’ opinione pubblica, sfiduciata da troppe delusioni e dall’ inefficacia delle istituzioni di tutela, sembra che la pratica della costante denuncia sia sempre di più manifestata  sottovoce e con timorosa circospezione.

Un dato è indiscutibile: gli effetti pestilenziali, intimidatori e nello stesso tempo attrattivi della criminalità ‘ndranghetista ristagnano come una nube tossica sui legittimi diritti e aspirazioni della società civile.

Questo è intollerabile in uno stato che si proclama di diritto.

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