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EDWARD LUTTWAK: La Turchia lanciata verso il baratro.
Il principale scopo di Erdogan è di arabizzare la Turchia, che ogni giorno diventa sempre più simile all'Iraq e alla Siria.
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Il tentativo di golpe è fallito proprio perché si è trattato soltanto di un tentativo. La precedente presa di potere dei militari del 12 settembre 1980 fu immediatamente e totalmente soddisfacente perché fu messa in atto dal comando delle forze armate guidate dal generale Kenan Evren: il termine tecnico è "pronunciamento", dallo spagnolo "dichiarazione".

Con forze armate compatte è sufficiente dichiarare la presa di potere. Ciò che si verificò allora fu un vero colpo di Stato, "un attacco allo Stato, in cui un gruppo di cospiratori con o senza l'uniforme, si sono improvvisati comandanti di rapide azioni militari con lo scopo di prendere posti chiave e catturare persone con compiti di rilievo, il palazzo, i principali posti di comando dell'esercito, gli aeroporti, gli studi televisivi, per poi fare il loro annuncio pubblico ("Lo abbiamo fatto per salvare il Paese", ecc.) contando sull'appoggio del resto delle forze armate".

Per poter realizzare un simile piano è indispensabile che il capo che deve essere deposto sia subito catturato o ucciso, in caso contrario quest'ultimo è in grado di riunire i suoi sostenitori che verosimilmente sono di gran lunga più numerosi rispetto ai rivoltosi.
È quanto accadde anche il 20 luglio 1944, quando fallì il piano di rovesciare il regime nazista: l'esperto pianificatore militare Claus von Stauffenberg cominciò con il piede giusto con l'obiettivo di uccidere Adolf Hitler facendo esplodere una bomba nel suo quartier generale, ma lo stesso Hitler fu sufficientemente ben protetto da un massiccio tavolo per poter sopravvivere e ci fu la sua pronta reazione di poter contare sulle fedeli SS, che vanificarono il complotto.

È lo stesso scenario che si è verificato con il presidente, sempre più autoritario, Recep Tayyip Erdogan: nella notte del tentato colpo di Stato, il 15 luglio, questi si trovava in un hotel nella località di Marmaris. Un plotone di soldati determinati avrebbe potuto catturarlo, invece Erdogan è stato libero di partire con il suo aereo, per poi atterrare all'aeroporto di Istanbul una volta che il comandante militare locale ne ha garantito l'incolumità. Da quel momento il presidente turco è apparso in diretta televisiva per rivolgersi ai suoi sostenitori, ovvero la netta maggioranza di turchi con scarsa educazione e la maggioranza dei cittadini del Paese di fede islamica che non hanno alcun interesse per i principi legali e democratici che lo stesso Erdogan continua a violare. Seguaci che lo adorano come un eroe per la sua progressiva imposizione della legge e dei costumi islamici, con l'obiettivo dell'"arabizzazione" della Turchia.

Proprio la settimana scorsa, l'appello musulmano alla preghiera è stato trasmesso dalla grande Chiesa della Santa Saggezza Aghia Sofia di Istanbul per la prima volta in 85 anni, luogo che fu convertito in una moschea dopo la conquista nel 1453, ma poi, successivamente, riconvertito in un museo nel 1935, così da poter permettere nuovamente la visione dei suoi mosaici. I seguaci di Erdogan ora chiedono che siano nuovamente coperti e vogliono che lo stabile torni ad essere una moschea.

Il resto del mondo, incluso i capi di governo che auspicano che anche la Turchia possa diventare un membro dell'Unione europea, non fa assolutamente caso a queste cose, ma nel Bosforo, invece, sono determinanti per le elezioni.
Un tempo c'erano i capi delle forze armate turche che per anni hanno svolto il ruolo di valorosi difensori dello Stato secolare che fu costituito da Mustafa Kemal "Ataturk", fondatore della Repubblica di Turchia, e sostenitore della parità per le donne, tra gli altri valori non islamici.

Ora, però, sono stati paralizzati per anni da un'incessante pressione esterna da parte degli alleati europei, che rifiutano di accettare il semplice fatto che, senza limiti impostigli militarmente, la maggioranza al potere favorirebbe il trionfo dell'Islam, e la progressiva perdita delle libertà personali. Questa è la ragione di fondo per cui questi capi non hanno ordinato le forze che comandano di dare ulteriore manforte a coloro che hanno messo in atto il colpo di Stato, le cui piccole sparpagliate unità sono state in breve tempo sopraffatte da gruppi di semplici cittadini.

È molto curioso il fatto che personalità del calibro del presidente Obama e della cancelliera Merkel abbiano dato appoggio ad Erdogan in nome della democrazia, sostenendolo pure durante il tentativo di golpe, nonostante le sue progressive violazioni delle libertà democratiche, il licenziamento in massa degli agenti di polizia e dei magistrati che hanno investigato i suoi figli corrotti (nato povero, ora Erdogan è inspiegabilmente miliardario), l'arresto di giornalisti ed editori che lo criticano, il sequestro del giornale "Zaman", prima il più diffuso in Turchia, adesso suo.

Ora c'è da chiedersi se gli Stati Uniti e i Governi europei che hanno finora sostenuto Erdogan resteranno impassibili davanti agli arresti di massa di ufficiali militari e funzionari pubblici che non hanno avuto alcun ruolo nel tentativo di golpe, ma che sono stati ugualmente accusati di essere "terroristi filo Gülen". Ci si riferisce al movimento religioso di Fethullah Gülen, un leader turco e musulmano residente in Pennsylvania, i cui numerosi seguaci in Turchia e nel mondo intero non sono mai stati coinvolti in alcun caso di violenza.

Ma per il regime di Erdogan l'accusa di complicità è sufficiente, senza bisogno di produrre ulteriori prove: il 16 luglio, la mattina che si è saputo che il colpo di Stato era fallito, più di 2.500 giudici sono stati ritenuti infedeli e rimossi come "gülenisti", assicurando che non sarebbero stati fatti inutili processi per le migliaia di ufficiali e funzionari arrestati il giorno dopo il golpe, il 17 luglio. È stata priva di fondamento anche la richiesta di Erdogan di chiedere l'immediata estradizione di Gülen alle autorità americane.

Ciò non accadrà, ma tutta questa agitazione solleva la molto interessante domanda sul perché Gülen è diventato il nemico numero uno di Erdogan, dopo che i due sono stati stretti alleati per anni. Il loro litigio risale agli anni 2009 e 2010, e quelle date forniscono una traccia: è da lì infatti che le politiche di Erdogan sono diventate palesemente islamiste, intrise di una serie di asserzioni contro i "valori dell'Occidente" e di Israele e la scoperta di terroristi di Hamas sotto il proprio tavolo.

È sempre in quegli anni che la corruzione interna alla cerchia più stretta di Erdogan si è palesata a tutti, da quando, in particolare, una delle persone di fiducia del presidente è stata colta in flagrante a contrabbandare oro su ampia scala. Questo fatto si è scontrato con la ferma opposizione di Gülen a qualsiasi forma di corruzione, mentre l'estremismo islamico si contrapponeva diametralmente alla convinzione di Gülen che cristiani ed ebrei sono i naturali alleati ai pacifici musulmani che resistono alla secolarizzazione.

Predire cosa succederà prossimamente è fin troppo facile. Primo, il fallimento del colpo di Stato e gli arresti arbitrari in corso indurranno molti dei turchi più virtuosi a cercare di emigrare, al posto di restare in una nazione che si sta islamizzando sempre di più e diventando viepiù repressiva. Un importante capitale di questa nazione la lascerà, rallentando la sua economia. Secondo, Erdogan cercherà la guerra contro i curdi nel Paese dopo che li aveva deliberatamente "riabilitati" l'anno scorso per guadagnare consensi nelle seconde elezioni del 2015 (il suo partito fallì a conquistare la maggioranza nella prima consultazione).

Siccome i curdi dominano le province turche orientali che confinano con i territori guidati dai curdi in Iraq come in Siria, il risultato che ne potrebbe derivare è il separatismo e il frazionamento dei territori turchi. Terzo, se vi sarà un altro tentativo di colpo di Stato, questa volta inizierà con un attacco allo stesso Erdogan, al posto della creazione di inutili blocchi stradali a ridosso dei ponti. Tutto ciò significa che il presidente, a suo modo, ha avuto successo: il suo principale scopo, dopo tutto, è di arabizzare la Turchia, che ogni giorno diventa sempre più simile all'Iraq e alla Siria.

Immagine: panorama.it

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